«Vi è la necessità di una riflessione
sul Mediterraneo. Un discorso sulla realtà e sulle prospettive di
sviluppo di questa area proprio a partire da quel balcone sul
Mediterraneo, che impegna l'Italia intera, che è la Sicilia". E' il
senso dell'intervento che il Chairman degli "Studi kiwaniani", il
professor Nunzio Lauretta, ha voluto offrire lungo le linee guida che il
Kiwanis Distretto Italia-San Marino dal palco del Centro congressi di
Baia Samuele, nell'ambito del Convegno "Mediterraneum. Culture,
religioni, mercati". Il riconoscimento della necessità del dialogo tra
le diverse sponde del Mediterraneo ha riassunto gli interventi di tutti
i relatori, moderati dal giornalista Rai Angelo Di Natale. Per la
professoressa Gaetana Pace, Presidente dell'Associazione di cooperazione
euro-mediterraneo e del Centro internazionale della cultura e dei
diritti dell'uomo, la possibilità del dialogo tra i popoli che si
affacciano sul Mediterraneo è resa più facile dal fatto che "tutti
comunque sentono di appartenere alla stessa cultura". Sulla stessa line
anche il sociologo palermitano Stefano Boca, il quale ritiene che "la
soluzione sta nel giudicare gli 'altri' in quanto individui, e non come
in quanto elementi di gruppi diversi". Per i1 Preside della Pontificia
Facoltà Teologica di Sicilia, Monsignor Antonino Raspanti, "sia i
cristiani che gli esponenti delle altre religioni devono presentarsi "in
verità" alle altre comunità. Riconoscendo innanzitutto le positività
insite nel credo delle altre comunità". "Fin dalle epoche più remote, in
realtà, il "sapere" è stata merce di scambio alla stregua del bestiame o
delle sementi: così, ad esempio, il numero tracciato sulla sabbia da
mano araba si trasforma in tavola pitagorica, le mappe dei cieli dipinte
sui papiri egizi diventano affascinanti teorie nel calcolo di Galileo. E
il pensiero diventa idea e concetto, filosofia e legge, regola e
dottrina". Tutto questo, secondo quanto ha spiegato Gaetana Pace, ha
condizionato l'esistenza di quanti vivono sulle coste del Mediterraneo
che avvertono, nel più profondo del proprio essere, un forte senso di
appartenenza e si sentono rappresentanti di quella cultura a prescindere
dalla regione da cui proviene. Si sentono figli di una terra che è madre
di tutte le civiltà. Ma il Mare Mediterraneo è anche il mare della
differenziazione di culture e civiltà. Nessun altro mare ha visto
contemporaneamente affacciarsi sulle sue rive culture, religioni, valori
così diversi tra loro ma così capaci di influenzarsi reciprocamente. E
diventa così il mare la via di comunicazione tra Europa, Asia e Africa,
e di integrazione dei Paesi che ne fanno parte. La storia del
Mediterraneo è in questo senso la storia dei popoli che il Mare interno
ha unito e diviso, per i quali ha rappresentato una via di comunicazione
e un confine naturale che ha comportato anche discriminazione come
l'incontro e lo scontro dei differenti universi culturali, quello
greco-ortodosso, quello cristiano, quello ebraico e quello musulmano.
Tra l'Ottocento e il Mille il mondo arabo ha raggiunto il suo massimo
splendore anche come civiltà e cultura. La civiltà araba, infatti, ha
avuto un'importanza e un influsso decisivi sulla civiltà occidentale,
per quanto riguarda la letteratura, la musica, la filosofia, la scienza.
Cristiani e musulmani avevano un'esigenza comune: il rapporto stretto
tra ragione e fede, tra filosofia e religione. Proprio questo rapporto
fu al centro della riflessione del grande filosofo arabo Avicenna
(980-1037). La sua particolare lettura di Aristotele, ebbe notevole
influenza sullo sviluppo della filosofia occidentale, soprattutto nei
secoli XIV e XV, con il grande rifiorire della filosofia greca. Anche la
storia della scienza, tra il VII e l'XI secolo, è dominata dallo
sviluppo del pensiero arabo; erede della cultura greca, ha posto le basi
del pensiero scientifico moderno occidentale. "Senza gli arabi, non
avremmo né la medicina moderna, né l'acquisizione delle cifre e del
calcolo numerico, né la geografia come scienza, che essi, grandi
esploratori del mondo, ebbero modo di sperimentare e mettere a punto nei
loro avventurosi viaggi", ricorda la professoressa Pace. Quali le radici
e le conseguenze che sono derivate dal progressivo mescolarsi di sistemi
così eterogenei? Il problema è l'aspetto ambivalente di ogni pluralismo:
ogni interazione, mentre arricchisce il panorama culturale di una
società, al tempo stesso fa emergere anche tutti i motivi di divisione;
razzismi, integralismi, nazionalismi, fratture e squilibri sono
l'inevitabile rovescio della medaglia che si nasconde dietro ogni
consolante prospettiva di una felice fusione tra i popoli. Il
Mediterraneo diventa così una sorta di "frontiera mobile" al cui interno
si sviluppano le categorie concettuali attraverso cui i popoli
definiscono se stessi, venendo a contatto con l'altro, l'estraneo, il
diverso. Oggi i nodi del confronto e della mescolanza dei popoli nel
Mediterraneo si ripresentano intensificati dal processo di
globalizzazione. Nonostante in molti casi sia stata raggiunta la
pacifica convivenza, il modello noi-superiori e loro-inferiori è ancora
presente nel panorama mondiale, e ancora torna la pretesa superiorità di
un sistema politico e culturale che garantisca più di ogni altro libertà
e uguaglianza. "Bisogna affacciarsi con mente aperta e disponibilità al
dialogo", è stato ribadito durante gli studi kiwaniani. In questo senso
il Mediterraneo diventa un esempio di una serie di processi che,
permettendo di superare le tensioni dovute al non riconoscimento delle
diversità, viste attraverso una lente spesso deformante, riconsegna alle
generazioni attuali e future il Mare Mediterraneo sognato da Federico II
che riuscì, attraverso il dialogo, a far convivere pacificamente arabi,
cristiani e giudei. Bisogna parlare in termini di correlazione tra
tradizione e modernità nella cultura mediterranea, ma per fare questo
occorre fare almeno tre considerazioni. La prima è quella dell'esigenza
generale di un dialogo fra le diverse civiltà e culture del pianeta, nel
quadro dei processi di una integrazione globale. Questi processi, alla
cui base sta principalmente il fattore tecnologico ed economico,
implicano anche rilevanti fenomeni di interazione culturale. E
comportano soprattutto acute tensioni, che assumono sempre spesso la
forma dello scontro aperto, incluso il conflitto armato e il terrorismo.
La seconda conferma l'utilità di un dialogo interculturale all'interno
della particolare area geopolitica e geo-culturale del Mediterraneo.
Quest'area si profila come un crocevia cruciale per l'avvio di relazioni
internazionali meno instabili, squilibrate e violente. E' necessario
elaborare una sorta di "linguaggio mediterraneo" che introduca elementi
di comprensione intellettuale e di pacificazione nel contesto della
guerra di religione che oggi rischia di oscurare l'orizzonte
mediterraneo e quello mondiale per andare molto più in profondità
rispetto agli obiettivi del dialogo euro-mediterraneo inaugurato che con
la "Carta di Barcellona" realizzò un provvidenziale antidoto al pericolo
di una separazione definitiva fra l'aspirazione ad un integrale ingresso
in Europa e la permanenza di una specificità mediterranea per tante
metropoli della storia di questo mare. L'ultima considerazione riguarda
l'importanza che in questo quadro assume il rapporto fra le tradizioni
culturali dei nostri paesi e il processo di modernizzazione dal quale
essi sono investiti, intendendo per tradizioni culturali le credenze
religiose, i valori politici, le consuetudini normative".
Giuseppe Savà